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Cos’è il restauro, se non un soffio di vita in un manufatto che dorme da tempo? E da dove nasce questo soffio di vita, se non dalla comprensione profonda delle peculiarità che compongono un manufatto, che lo rendono unico, speciale, degno di essere restituito alla storia del presente?
Non è un caso che, per la nostra opera di restauro conservativo dello splendido Palazzo Ferlendis, edificio storico nella bella Lovere, siamo partiti dalla conoscenza nel suo senso più ampio. E la conoscenza era nascosta negli archivi che ripercorrevano la storia lunga di secoli che aveva interessato il palazzo.
Studiare è l’operazione preliminare sempre necessaria, vitale, alla realizzazione di qualunque opera manuale. Ecco perché la lettura accurata degli archivi storici è stata preventiva al montaggio di qualunque impalcatura, alla scelta dei materiali, alla definizione degli specifici interventi e, naturalmente, alle operazione restaurative vere e proprie.
La storia di un edificio è molto diversa dalle sue mura, che sono solide e percepibili. È invisibile, nascosta, spesso impolverata. Nella nostra ricerca, abbiamo individuato importanti spunti nel catasto Napoleonico e in quello Lombardo-Veneto (‘800) e nel Cessato catasto, redatto dopo l’Unità d’Italia per uniformare tradizioni di rilievo tra loro difformi. Per completare una indagine che, per forza di cose, non potrà mai essere realmente onnicomprensiva, abbiamo terminato il nostro studio con approfondimenti sulle residenze storiche in ambito lombardo spulciando tra atti di formazione, mappe, sommarioni, trasporti d’estimo, libri partitari, nonché di atti notarili che includevano descrizioni dettagliate degli ambienti e persino inventari dei loro arredi.
Si è trattato di un lavoro preliminare di portata monumentale, e che tuttavia si è rivelato di indescrivibile valore, non soltanto perché ci ha permesso di conoscere più in dettaglio l’origine di Palazzo Ferlendis, ma anche perché ci ha in qualche modo trasportati in un passato ormai molto distante, immergendoci nelle sue atmosfere, aspettative, ambizioni, speranze e peculiari necessità. Ed è proprio in tutto questo parterre di risposte, talvolta chiare, altre volte confuse e contrastanti, che abbiamo ritrovato l’origine dell’edificio che eravamo stati chiamati a “riportare in vita”.
Seguiteci in questo viaggio nei secoli di storia lombarda.
Fonti. Archivio di Stato di Bergamo, Catasto Napoleonico, Lovere, Trasporti Estimo, 60 e 61; Catasto Lombardo-Veneto, Lovere, Libri partitari tra le proprietà Piccinelli e Biancotti (partendo dal 904). Archivio di Stato di Milano, Catasto, 9683 e 9684 (Atti di formazione). Raccolta Demetrio Oberti di Lovere. Circa Lovere: Alberto Bianchi e Francesco Macario, L’occhio della storia, La cittadina edizioni 2016; Giovanni de Lezze, Descrizione di Bergamo e suo territorio, c. 260v e c. 261v (Lucchetti, 1988); Roberto Ghilardi, Quando a Lovere costruivano le automobili in «Il Giornale di Bergamo-Oggi», 30 giugno 1987 in copia presso Raccolta Demetrio Oberti; SIRBeC, scheda ARL a cura di Luca Scaburri, 2007. Circa l’abate Domenico Piccinelli: Almanacco Imperiale Reale per le provincie del Lombardo Veneto, 1825 e ss.; Carlo Facchinetti, Bergamo o sia Notizie patrie…, Bergamo 1826. Ringrazio Demetrio Oberti di Lovere; Laura Businaro, Mauro Livraga, Marinetta Pacella ed Emilia Peduzzo dell’Archivio di Stato di Bergamo.
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