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Nel corso della Biennale di Venezia del 2014 venne presentata un’esposizione di quelli che in gergo si chiamano “Fundamentals”. Il curatore e architetto della mostra, Rem Koolhaas, incluse una serie di componenti architettoniche provenienti dal passato, dal presente e dal futuro e sedici elementi costruttivi utilizzati nel corso dei secoli in ogni parte del mondo. Mura, pavimenti, soffitti, caminetti, scale e altri concept, incluso il balcone. Le connotazioni sociali e politiche “mutevoli” di quest’ultimo elemento vennero considerate particolarmente affascinanti, così come la presunta origine del balcone nell’ipotesi del teorico e storico del diciannovesimo secolo Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc.
Viollet-le-Duc, nel suo Dictionnaire Raisonné de l’architecture Française du XIe au XVIe Siècle, traccia infatti la storia del balcone e la riconduce alla cosiddetta “fortificazione” medievale, una struttura tipicamente utilizzata in guerra e, in particolare, nel corso degli assedi.
La fortificazione era una struttura in legno, rimovibile e rimontabile, che veniva installata nella parte superiore dei torrioni o delle mura di un castello quando la battaglia si faceva imminente (o addirittura quando era già in corso). Esattamente come il balcone, la fortificazione (hourd, in francese), era esposta all’esterno, in un chiaro bilanciamento tra coinvolgimento e sicurezza.
Semplice e veloce in termini di assemblaggio, questa proto-costruzione marziale aggiungeva un ulteriore livello di protezione e al contempo offriva un’area di attacco in posizione privilegiata, consentendo la protezione del busto dei soldati. Una volta montata, la fortificazione era accessibile attraverso le finestrature del castello, a loro volta coperte da pellame bagnato o addirittura letame e fango per contrastare eventuali tentativi di aggressione dall’esterno.
Attuali esempi di “fortificazioni”, ricostruite nel rispetto dei canoni architettonici dell’undicesimo secolo, possono ancora essere osservati in diversi castelli in tutta Europa, inclusa la fortezza medievale di Cité de Carcassonne, nel sud della Francia. Una curiosità: proprio Viollet-le-Duc venne incaricato di restaurarla nel 1853!
L’architetto, che pure apprezzava l’aspetto funzionale delle costruzioni medievali – dove ogni pietra, cancello, finestratura o apertura aveva uno scopo specifico e ben definito – si prendeva comunque alcune licenze poetiche, tanto che il suo bellissimo restauro di Carcassonne venne criticato perché considerato “poco sensibile” alle tradizioni costruttive regionali.
La fortificazione, così come concepita in epoca medievale, cominciò a sparire nel quattordicesimo secolo. Venne gradualmente rimpiazzata da installazioni permanenti fabbricate in pietra. Tuttavia, la sua eredità è viva ancora oggi.
Nel corso della Biennale di Venezia del 2014, il curatore Koolhaas mise bene in chiaro quanto i balconi fossero importanti per lui: “Senza il balcone dei miei genitori non sarei qui. Vivevamo al quinto piano di un edificio socialdemocratico. Io, che sono nato negli ultimi mesi della guerra, nel corso di un inverno freddo ma molto soleggiato, quando tutto ciò che poteva bruciare era stato bruciato, venni esposto al sole, nudo, sul quel balcone, per catturare il calore, come un piccolo pannello solare”.
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