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La Direttiva Europea sulle Case Green nasce con l’obiettivo di rendere il comparto edile complessivamente più efficiente e sostenibile dal punto di vista energetico.
La nuova regolamentazione, ufficialmente varata un anno fa e poi oggetto di diversi adeguamenti da parte degli Stati membri, risponde a un’esigenza che interessa tutta Europa: quella di adeguare un patrimonio immobiliare ricco ma obsoleto (si stima che l’85% degli edifici dell’UE sia stato costruito prima dell’anno 2000) e perlopiù caratterizzato da prestazioni energetiche scarse (il 75% degli immobili risulta energivoro o comunque inefficiente sotto questo aspetto).
Inserito nell’ormai ben noto pacchetto di riforme Fit for 55 (che mira a rendere l’Unione Europea conforme agli obiettivi climatici stabiliti nell’Accordo di Parigi, con riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990), questo provvedimento intende agire in modo prioritario sul 15% degli immobili più energivori – ossia collocati nella classe energetica G, la più bassa in assoluto – in ciascuno degli Stati membri.
Nel nostro Paese, ciò significa in termini pratici intervenire su ben 1,8 milioni di edifici residenziali su un totale di 12 milioni.
È ormai risaputo che l’Unione Europea si propone di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e che l’obiettivo ad ampio spettro sia ridurre a zero le emissioni di gas serra nell’intero continente. Complessivamente, il 55% della riduzione dei consumi energetici deve essere conseguito attraverso interventi di ristrutturazione sugli edifici con prestazioni energetiche inferiori.
Va da sé che un traguardo tanto ambizioso richieda necessariamente una strategia di sostenibilità ambientale chiara e olistica, in particolar modo negli edifici pubblici e privati, ma anche nelle infrastrutture e nei trasporti. In tutti questi comparti, il principale passo da muovere per ottenere una concreta ecosostenibilità consiste nell’efficientamento energetico e, non a caso, l’UE sta attraversando una fase di transizione verso un’economia verde e a ridotte emissioni di carbonio.
Ma perché è così importante intervenire prima di tutto sul parco immobiliare?
Lo spiega Kadri Simson, Commissaria per l’Energia dell’Ue: “Gli edifici sono il settore più energivoro in Europa. Consumano il 40% dell’energia e generano il 36% delle emissioni di gas ad effetto serra. Inoltre, gli immobili meno efficienti consumano dieci volte più energia di quelli nuovi o ben ristrutturati.”
Per rendere gli edifici preesistenti conformi ai nuovi standard energetici e di sostenibilità è possibile attuare diversi interventi, sia con investimenti a breve che a medio-lungo termine.
Tra questi, vale la pena menzionare:
In sintesi, l’obiettivo è che tutti gli edifici europei siano green, un traguardo che andrebbe interpretato non soltanto nell’ottica del rispetto delle normative, ma anche di qualità dell’abitare. Un immobile performante dal punto di vista energetico e tecnologicamente efficiente garantisce infatti un impatto ambientale più ridotto, ma anche maggiore comfort abitativo e un aumento del proprio valore sul mercato.
Secondo le stime, la riqualificazione energetica degli immobili residenziali italiani nell’ottica della Direttiva Europea sulle Case Green comporterà una spesa variabile tra i 20mila e i 55mila euro per famiglia, a seconda delle caratteristiche del singolo edificio.
Gli italiani chiamati ad adeguarsi ai nuovi standard sono numerosi: la maggioranza degli edifici del nostro Paese è, infatti, obsoleta e insufficiente dal punto di vista energetico e necessita quindi di massicci interventi di riqualificazione.
Con la Direttiva Europea sulle Case Green, gli Stati membri sono chiamati a efficientare i rispettivi parchi immobiliari, non solo intervenendo – come accennato in apertura – sugli edifici preesistenti, sia residenziali che non, ma anche su quelli di nuova costruzione, sia residenziali che non.
Secondo gli ultimi aggiornamenti e rispetto alla bozza presentata nel marzo 2024, ogni Stato europeo dovrà implementare un nuovo piano per riqualificare i propri edifici residenziali in modo da ridurre il consumo di energia primaria media secondo i seguenti scaglioni:
Inoltre, entro il 2030 dovrà essere prevista la ristrutturazione degli edifici non residenziali caratterizzati dalle prestazioni energetiche più basse, nella seguente misura:
Per quanto riguarda invece gli obiettivi di zero emissioni (ZEmB – zero emission buildings), questi saranno i parametri da seguire:
I nuovi edifici dovranno essere inoltre rigorosamente solar-ready, ossia progettati per ospitare solai termici o impianti fotovoltaici in copertura.
Si richiede anche la graduale integrazione dell’energia solare negli edifici pubblici e non residenziali preesistenti (dove tecnicamente, funzionalmente ed economicamente possibile) nel rispetto del seguente calendario:
Gli edifici esenti dagli interventi figurano quelli di prestigio storico, le chiese, i monumenti, le seconde case utilizzate per meno di quattro mesi l’anno e le abitazioni unifamiliari con superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
È importante ricordare infine che il mancato rispetto delle scadenze imposte dalla direttiva potrebbe causare pesanti sanzioni agli Stati membri.
Ad oggi, il dibattito sul tema in Italia è ancora in corso, e ulteriori aggiornamenti potrebbero essere resi noti nei mesi a venire.
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