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Forse la più iconica tra le realizzazioni degli architetti Rinaldo Scaioli e Andrea Melloni, il centro I.N.A.P.L.I. a Trescore Balneario (Bergamo) è un progetto unico e innovativo in grado di esemplificare magistralmente l’approccio progettuale dei due professionisti milanesi. L’edificio, oggi Centro di Formazione Professionale, fu commissionato ai progettisti agli albori degli anni Sessanta dall’ “Istituto Nazionale Addestramento e Perfezionamento dei Lavoratori dell’Industria”. Lo scopo di questo particolare centro gestito dall’Ente era quello di istituire corsi di avviamento al lavoro nei settori della meccanica, elettrica e gomma-plastica, in risposta alle esigenze di manodopera delle realtà produttive della Val Cavallina, zona che stava vivendo un forte sviluppo industriale. L’area di progetto si trova in una zona pianeggiante di Trescore Balneario a vocazione residenziale; già all’epoca della commissione il terreno confinava con altri lotti dedicati a servizi educativi quali scuola materna, elementare e media. Datato 1960 e realizzato tra 1965 e ’66, il progetto di Rinaldo Scaioli e Andrea Melloni risponde all’esigenza primaria di creare un ambiente di apprendimento ove fosse possibile integrare la funzione di aule di studio e di laboratorio, per favorire un metodo educativo basato sull’insegnamento dei principi teorici attraverso l’applicazione pratica. Partendo da queste istanze, gli architetti applicano il proprio metodo di lavoro incentrato sulla relazione tra Spazio e funzione: lo Spazio interno (caratterizzato dall’uomo e dalle sue necessità) è inteso come un elemento in grado di conferire flessibilità progettuale all’oggetto architettonico, come conseguenza della naturale mutevolezza della vita dell’uomo, che si evolve continuamente rifuggendo la staticità. Tali principi emergono chiaramente nel progetto per Trescore: la funzione genera la forma dell’edificio, che gli architetti sviluppano a partire da un’unità di base costituita dal nucleo aula-laboratorio, ripetibile, autosufficiente e dotata di flessibilità d’uso. Gli architetti concepiscono questo modulo di base ove si svolgono le attività di studenti e docenti come una cellula che include due aule opposte a un laboratorio-capannone centrale con i relativi depositi, attrezzerie e servizi. Il sistema è pensato per essere potenzialmente replicabile all’infinito; nella effettiva realizzazione la cellula-base, nel suo affiancarsi ad un’altra analoga, genera un volume quasi simmetrico sul cui lato principale si innesta un avancorpo, che costituisce la testata del complesso. La planimetria è impostata a partire da un asse di simmetria centrale che corrisponde all’ingresso principale dell’edificio, posto appunto nell’avancorpo; la definizione degli Spazi interni risulta movimentata dalla predilezione del progettista per il ricorso alla linea spezzata, con la quale Scaioli e Melloni definiscono ambienti dinamici e mai banali. La spiccata orizzontalità dell’edificio trova un contraltare nell’avancorpo, unica porzione svettante, che si sviluppa su due livelli. Qui – oltre all’ingresso – sono situati gli uffici di segreteria e direzione e la mensa; al piano superiore si trovano due aule, dedicate l’una all’insegnamento delle materie scientifiche e l’altra al disegno, avvantaggiata da un’illuminazione zenitale. Gli Spazi serventi e di distribuzione sono attentamente collocati dai progettisti nei punti di giunzione tra i diversi volumi che compongono il complesso: le scale per raggiungere il secondo livello dell’avancorpo si trovano tra quest’ultimo e la prima delle unità modulari, così come i locali tecnici, nascosti nell’interrato. Allo stesso modo i servizi afferenti alle aule-laboratorio sono situati tra un modulo e l’altro, e sfruttano sapientemente lo Spazio “di risulta” derivato dall’affiancamento delle cellule-base. Il risultato è un volume movimentato e dinamico, sia in pianta sia in alzato, che appare fortemente caratterizzato dal particolare sistema di copertura. La struttura unitaria che contiene i moduli Spaziali è in acciaio, materiale scelto sia per la coerenza formale con l’immagine di “officina” cui gli allievi erano destinati, sia per la rapidità di montaggio, tant’è che la struttura è stata assemblata con bulloni a piè d’opera. La copertura degli ambienti di lavoro è sostenuta da travi reticolari che, sul perimetro, consentono la collocazione di lunghe finestre a nastro. Queste ultime caratterizzano anche le facciate dell’avancorpo; gli interni godono quindi di un’illuminazione diffusa e uniforme, particolarmente efficace nei grandi laboratori principali. La copertura in lamiera zincata, oltre a denunciare e rendere palese con le sue forme la funzione degli ambienti sottostanti, conclude i volumi racchiudendo come un guscio gli interni, talvolta piegandosi come a voler toccare il suolo. Nonostante la scelta di un’estetica dichiaratamente industriale, che richiama il tipo del capannone o delle strutture modulari in ferro di inizio Novecento, l’edificio nel complesso appare quasi organico: sembra volersi mimetizzare con il terreno, sul quale è ben radicato; trova con esso un dialogo e ne ricerca il contatto. Scaioli e Melloni riescono a fondere l’idea di un’architettura incentrata sull’uomo e sulle sue esigenze con una forma allo stesso tempo innovativa e rispettosa dell’ambiente in cui essa è collocata.
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